Nonostante l’inverno assistiamo ad un lungo autunno ed eccoci con un racconto di Rovituso Rosaria ” Riflessioni autunnali” che descrive efficacemente questa splendida stagione.
Intanto l’autunno aveva preso il suo corso e, alle sensazioni particolari che nascono in questo frangente dell’anno, faceva eco il mutare sfavillante dei colori che tingevano, come pennellate d’artista, tutto l’ambiente circostante. Le betulle si accendevano d’oro, le paludi rosseggiavano ed ingiallivano, le altre latifoglie cangiavano in una tavolozza muliebre dal rosso all’ocra, e, in ogni istante, si pareva cogliere il mutare del tempo. Proprio la stagione autunnale aveva infatti più di ogni altro periodo dell’anno un qualcosa che ispirava al mutare dello spirito interiore.
Comunque a quel punto mi tornò alla mente il recente mese di maggio, quando arrivai. In particolare gli ultimi giorni del mese mi colpirono in modo significativo. “Furono giorni intensi, diffusi, silenti, giorni sognanti ricchi di contrasti e di melodie selvagge. Vissi subito, quasi per intero, il mondo della taiga e i suoi legittimi abitanti. Un albero abbattuto e sagacemente rosicchiato, canali nell’acqua, ammassi di rami, terra e tronchi, corridoi irregolari: la vita e le gesta del castoro. Un mondo improvviso ed affascinante sulle rive di un fiume cristallino. Tra gli intrecci del sottobosco della taiga, camminai con un misto di curiosità e di sorpresa. D’improvviso un rapido e rumoroso battito d’ali: il gallo forcello, poi una beccaccia, nella palude più in là un chiurlo maggiore e nel limpido lago una strolaga mezzana. Mi girai e a terra, dopo che ebbi riconquistato il sentiero più a monte, e mi imbattei in un escremento di orso bruno e poi in giganteschi acervi di formica. Quanta meraviglia in così breve tempo. E poi l’incessante compagnia dall’alto del cielo del corvo imperiale, il re del grande nord, un indomito ed imperturbabile uccello che ha sempre affascinato le culture e le mitologie nordiche tanto da essere considerato, anche da popolazioni umane non in contatto tra loro, l’artefice primario della creazione del mondo. Una credenza che il corvo imperiale dimostrava ognora con la sua destrezza e la sua eccezionale resistenza. Ogni volta che ascoltavo il verso di un corvo mi veniva sempre spontaneo salutarlo interiormente e spesse volte anche materialmente con il gesto della mano. In fondo “i re” meritano il giusto rispetto!
L’indomani mi spostai velocemente per altra via a poca distanza dalla capanna, sempre alternando la maestosa foresta di indomite betulle, di abeti rossi e di pini silvestri ad altri tratti aperti grazie alla presenza di laghi, paludi e di improvvise radure. Poi, rientrato di nuovo nella foresta, un altro bellissimo incontro: un alce maschio estremamente comico nel comportamento e nelle gesta della fuga. Un essere simpaticissimo, confidente e fortemente attraente. Poi, riprendendo il sentiero, rinvenni, un lungo tratto di escrementi freschi di gallo forcello, di martora e di lepre variabile. Poi il frullo di ali di un di francolino di monte, le tracce su fango di un ghiottone, il passaggio di un’aquila di mare e il leggiadro e silente volo di un allocco di Lapponia. Quei giorni in cui la luce non scompariva mai non potevano mancare gli effetti inebrianti dei contrasti tra il sereno e il biancore delle nubi, dei lunghi tramonti rossastri, dei mistici stati che genera il vapore crepuscolare che sale dai laghi, il fantastico riflesso della grande foresta sulla loro specchiante acqua, l’arrivo a tarda sera di un cigno selvatico……
Anche il ritorno alla semplice capanna che stavo riassettando dopo il lungo peregrinare, le cose assumevano ugualmente una grande rilevanza. Appariva tutto così bello che mi sembrava d’essere entrato in un mondo surreale. Erano momenti intensi anche perché conditi con il fantasticare della mente che mi faceva sentire appieno la vita che albergava in quei luoghi, lontano dalle effimere e meschine illusioni dell’uomo. Mi rigeneravo completamente, sentivo nel mio dentro respirare la vita, pulsare le emozioni completamente scevre dalle influenze della contemporaneità antropica. Sentivo veramente una vita diversa, per la prima volta, così diversa ed intensa che credo non abbia forma veramente descrittiva. Le luci del grande nord sempre limpide e lussureggianti avevano anch’esse la forza di generare una sorta di sublime abbandono alle proprie interiorità e alle dinamiche riflessioni……”.