Si dice che il “riso fa buon sangue”! Leggere e sorridere insieme è una buona ricetta, per star bene..al Naturale!
Arrossiva ogni volta che entrava in classe; nascondeva il suo corpo in lunghi abiti colorati e non si preoccupava del sorriso divertito dei ragazzini, mentre camminava goffa, appesantita da un enorme borsa in finta pelle di leopardo. Ma il vero leopardo Michelina ce l’aveva dentro..una bestia feroce che ansimava un grido strano non appena Ludovico metteva piede nell’atrio della scuola: Ludovico era l’uomo più brutto della scuola, un gigante nei suoi pantaloni di velluto verdi e marroni, quelli a costine che somigliano alle liane delle foreste tropicali. Al grido di “ Attenti al mostro!” si girava di scatto (perché sapeva che era rivolto a lui) e cominciava a cantare “Montagne verdi” con aria indifferente. Ormai il suo volto e la sua voce erano il manifesto pubblicitario della scuola! Un volto sorridente per ogni occasione, una mano pronta a dare, ma soprattutto a ricevere; un portafogli sempre “verde” con la scritta “senza soldi non se cantano messe”. Quest’uomo era il sogno proibito di Michelina, era l’attimo sfuggente da cui si lasciava catturare durante i lunghi pomeriggi tra i banchi di scuola.
Quel giorno a mensa Michelina fu costretta ad assistere all’ennesimo spettacolo “indecente”. Il solito Giovanni Francesco Luigi Saverio Carlo, allergico al parmigiano, all’uovo, al pesce, alle patate….aveva cominciato a tossire violentemente mostrando, nelle sue fauci, resti di cibo solido e disciolto, aveva allargato le sue braccia e, con un gesto di grande affetto, era riuscito a sputare tutto il bolo alimentare sulla faccia pulita di Virginia, allergica pure lei e sensibile, purtroppo, come il pelo di una gallina in piena enfasi d’orgasmo. Un interminabile momento di silenzio disturbò perfino la mosca posata sul pane crudo, servito quel giorno a mensa. Virginia esplose in un pianto a dirotto, mentre il Giovanni Francesco Luigi Saverio Carlo continuava con i suoi attacchi di tosse allergica. Nessuno riusciva a calmare quel “disastro”, neanche le dolci carezze di Michelina sui biondi capelli (decolorati) di Virginia. Fu in quel momento che fece il suo ingresso a mensa “fratello” Ludovico con i suoi pantaloni di velluto verdi e marroni. “Silenzio, mo’ è ora de sta tutti zitti, perché l’ugola d’oro del vostro bidello c’ha voglia de intonà du’ strofe”. Cominciò a cantare “L’inno del corpo sciolto” e subito tra i presenti ci fu chi decise che avrebbe cambiato mestiere. Virginia smise di piangere e cominciò a cantare pure lei, scoprì che il canto era il modo per divertirsi e per sfogare il suo istinto primordiale. Il piccolo Giovanni Francesco ecc… eruttò in modo rumoroso fino a che non ebbe digerito il cibo ingerito. Scoprì, anche lui quel giorno, che il problema da cui era afflitto era “semplicemente”: aria nella pancia. I suoi genitori, entusiasti, lo iscrissero ad un corso di percussioni giapponesi e impararono l’importanza del ritmo nella vita di ogni giorno. Michelina, che conosceva fin troppo bene i suoi sentimenti, si lasciò andare a fantasie vulcaniche ed esplosive, accompagnate da cori di canti tribali in un vortice di mani che la afferravano per spogliarla dei suoi abiti così ingombranti. Quel pomeriggio, a mensa, la voce di Ludovico aveva spezzato il silenzio di tanta gente, aveva comunicato il piacere di “lasciarsi andare”, di esplorare la voce come strumento di gioco e di liberazione: una specie di miracolo!
Nella sua borsa in finta pelle di leopardo Michelina aveva un diario su cui disegnava e scriveva con enfasi le sue conquiste quotidiane. In data “17 novembre” scrisse che Ludovico le aveva insegnato a far parlare il suo corpo; si ricordò quindi di avere un corpo e lo disegnò sul suo diario: un bel seno prosperoso, un vitino da vespa e due cosce lunghe che la facevano sembrare una dea dell’Olimpo. Era giunto il momento della “riscossa”! Come un treno intercity Roma-Milano senza fermate corse a casa di Ludovico, lo afferrò per un braccio e gli confessò spudoratamente i suoi sentimenti. Lui annusò i suoi capelli neri corvini, senza piega e pure un po’ unti, poi la baciò sulle labbra imitando il verso del piccione che tuba. Fu un momento di amplesso totale. Il gatto di Ludovico fece voto di castità e il pesce rosso nella vaschetta provò il famoso tuffo carpiato con doppio salto mortale riuscendo felicemente nella difficile impresa. Michelina e Ludovico congiunsero le loro vite il 17 novembre dell’anno dopo, in chiesa, davanti al prete del paese e per festeggiare furono sparati i fuochi d’artificio nel cortile della scuola. Tutti gli alunni di Michelina si strinsero intorno agli sposi e, liberando le loro ugole al vento, cantarono e cantarono fino a che si fece buio su quell’angolo di Terra da cui sbocciarono nuovi talenti musicali e due seni prosperosi riuscirono, finalmente, a far bella mostra di se stessi, lanciando inviti suadenti, colti “al volo” dall’ottima “presa” di Ludovico che fu incoraggiato dal suo pesce rosso a tentare la strada del tuffo carpiato sul letto di nozze. Fu un successo incredibile raccontato ancora dai narratori di questa storia da cui si congedano con un canto e un sorriso.
Antonella Pedicelli